Va dato atto al governo verde-giallo di avere concepito una strategia impeccabile, da manuale, se la si valuta in base al vero obiettivo del consenso
Sbagliano i critici della manovra.
Essa non è né maldestra né azzardata. Chi critica la manovra lo fa
perché la valuta sulla base dell’interesse generale del Paese. Ma così è
come fare gol a porta vuota.
Allora proviamo a ragionare. È
vero, la manovra è maldestra. Sceglie con orgoglio una strategia
pluriennale di significativo disavanzo pubblico, sfidando gli articoli
81 e 97 della Costituzione e le regole convenute con l’Unione Europea.
Presenta un’Italia refrattaria al buon senso. Il nostro Paese spicca
infatti per alto disavanzo e debito pubblico e per bassa crescita,
dovuta anche ad uno Stato-provvidenza e frenatore del mercato. Ora che
il «governo del cambiamento» ha preso in mano il Paese, punta a farlo
crescere di più mediante disavanzo e debito ancora maggiori e
l’inversione del percorso avviato dagli ultimi quattro governi per
rimuovere alcuni ostacoli alla crescita. Inoltre, la manovra è
effettivamente azzardata. Pur con ipotesi prudenziali, Federico Fubini nel Corriere di ieri ha quantificato quell’azzardo in un probabile accumulo di oltre 100 miliardi di euro aggiuntivi di debito pubblico nei prossimi tre anni, con una preoccupante conseguenza.«Per
la prima volta a ogni lavoratore in Italia corrisponderà una quota di
debito dello Stato superiore ai centomila euro, come se a ciascun
occupato nel Paese facesse capo un mutuo-casa da pagare ogni mese, senza
però che questi abbia la casa».
La prospettiva potrebbe aggravarsi ulteriormente se i mercati finanziari reagissero con nervosismo alla manovra italiana (venerdì lo spread Btp-Bund aveva toccato i 282 punti, contro
i 102 della Spagna e i 33 della Francia), alle prossime valutazioni
delle agenzie di rating e alle posizioni che assumeranno la Commissione e
l’Eurogruppo. Questi, se vorranno mantenere un minimo di
credibilità, dovranno prendere in considerazione una procedura di
infrazione per disavanzo eccessivo nei confronti dell’Italia. Ciò
sottoporrebbe le scelte del governo a vincoli più stretti. Un governo
nazionalista e sovranista finirebbe così per provocare una riduzione
della sovranità effettiva della Nazione.
Con le ampie emissioni di titoli di
Stato che questa manovra comporterà, il loro assorbimento da parte del
mercato è destinato ad assottigliarsi e a richiedere tassi di interesse
crescenti, quando si ridurranno gli acquisti da parte della Bce al venir
meno del quantitative easing. Gli Stati bisognosi di un
temporaneo sostegno non verranno lasciati soli dalla Ue. Potranno
richiedere alla Bce l’attivazione di uno strumento di finanziamento
creato nel 2012 e che nessuno Stato ha finora richiesto, l’Omt (Outright monetary transactions).
Attenzione, però: per potersene avvalere, lo Stato deve essere in
regola con le norme e gli impegni europei. Con questa manovra, l’Italia
ha scelto di non rispettarli. Non so se ne fossero consapevoli, ma i
ministri usciti euforici l’altra sera sul balcone di Palazzo Chigi
avevano appena tagliato le funi dell’unica rete di sicurezza disponibile
per l’Italia in caso di bisogno.
Possiamo allora concludere che questa manovra è effettivamente maldestra e azzardata. Diciamolo pure, è irresponsabile. Però questo è vero solo
dal punto di vista del bene del Paese, dell’interesse generale, della
Nazione, del popolo e della sovranità, che verranno tutti danneggiati.
Ma smettiamola di essere così ingenui ! Non è questo che in generale
interessa ai politici, in Italia e altrove, in questi anni. Il loro vero
obiettivo è ottenere il consenso per essere eletti e, una volta che
sono al governo, il consenso per essere rieletti.
Da questo punto di vista, va dato atto
al governo verde-giallo (che, come nei semafori, tende al rosso per
quanto riguarda i bilanci) di avere concepito una strategia impeccabile,
da manuale. Così è, se la si valuta in base al vero obiettivo
del consenso. Di Maio e Salvini disprezzano (in parte, giustamente) i
mercati finanziari. Ma devono averli studiati a fondo. Quel che hanno
fatto, con le tre «carte» programmi elettorali-contratto di
governo-manovra, è un impeccabile e riuscitissimo Lbo (leveraged
buyout). Come è noto, un Lbo è un’operazione di finanza strutturata
utilizzata per l’acquisizione di una società mediante lo sfruttamento
della capacità di indebitamento della società stessa.
Nel caso dei nostri due, la società è lo Stato italiano.
Il controllo dello Stato (assicurato dalla maggioranza parlamentare e
dal governo) è stato acquisito mediante l’emissione di ingenti promesse
di pagamenti vari ai cittadini-elettori (reddito di cittadinanza, flat
tax, condono, abolizione della legge Fornero, ecc.), beninteso alla
condizione che si presentassero numerosi il giorno dell’assemblea
sociale (le elezioni) e votassero in modo tale da far sì che gli autori
delle promesse acquisissero il controllo della società (lo Stato) e
assolvessero poi al debito da loro assunto con le promesse attingendo
alla cassa della società e alla sua capacità di indebitarsi
ulteriormente.
Certo, siccome coloro che avevano
accettato le promesse-contro-voto facevano parte di due grandi gruppi,
quello giallo e quello verde, occorrevano appropriati accordi (il
contratto di governo) per assicurare un equilibrio nell’assolvimento
delle promesse fatte agli uni e agli altri. Dato che le
disposizioni del contratto di governo hanno natura di patti parasociali,
nessuna sorpresa che a garantirne l’osservanza, come spesso avviene per
i presidenti dei patti di sindacato, sia stato chiamato come presidente
del Consiglio uno stimato docente di Diritto.
Durante la campagna elettorale avevo osservato che, siccome ogni
promessa è debito e le promesse dei partiti erano di una generosità
senza precedenti, noi cittadini alla fine saremmo stati gravati da
pesanti debiti, per disobbligare i partiti verso gli elettori. Non avrei
però immaginato che il gioco delle tre carte sarebbe stato praticato su
scala così vasta e con una tale perfezione.
29 settembre 2018 (modifica il 30 settembre 2018 | 10:00)
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