Friday, September 29, 2017

Normalizzare la politica monetaria

Serve coraggio: un mondo in ripresa non ha bisogno di un approccio da crisi in corso

 

Tre urrà per le Banche centrali! Potrà sembrare strano detto da uno che critica la politica delle autorità monetarie mondiali. Ma accolgo con piacere l’impegno della Fed (pur se tardivo) a normalizzare i tassi ufficiali e il suo bilancio. Dico lo stesso per la Banca d’Inghilterra e per il riluttante accenno della Bce nella stessa direzione. Il rischio, però, è che sia troppo poco e troppo tardi.

Le politiche anticonvenzionali delle Banche centrali (tassi di interesse a zero e acquisti di titoli su larga scala) sono state varate nel pieno della crisi del 2008-2009. Fu un’operazione di emergenza. Avendo praticamente esaurito gli strumenti tradizionali di politica economica, le Banche centrali furono costrette a dar prova di creatività per fronteggiare il tracollo dei mercati e l’incombente implosione dell’economia reale. A quanto pareva, le autorità monetarie non avevano altra scelta che optare per massicce iniezioni di liquidità note con il nome di «allentamento quantitativo».

Questa strategia ha arrestato la caduta. Ma è riuscita solo in misura limitata a stimolare una ripresa significativa. Le economie del G7 sommate sono cresciute mediamente di appena l’1,8% annuo nel periodo post-crisi (2010-2017), molto meno del rimbalzo medio (3,2%) registrato su un arco di tempo comparabile di otto anni durante le due riprese degli anni 80 e 90.

Sfortunatamente, le Banche centrali hanno dato una lettura errata delle loro misure post-crisi. Si sono comportati come se la strategia che aveva contribuito a fermare la crisi potesse risultare altrettanto efficace per stimolare un rimbalzo ciclico, e hanno puntato di nuovo sul cocktail di tassi a zero ed espansione del bilancio della Banca centrale.

Ed è stata una puntata grossa. Secondo la Banca dei regolamenti internazionali, le attività complessive detenute dalle Banche centrali delle maggiori economie avanzate (Usa, Eurozona, Giappone) sono cresciute di 8.300 miliardi di dollari negli ultimi nove anni (dai 4.600 miliardi del 2008 ai 12.900 di inizio 2017).

Questa imponente espansione dei bilanci ha fruttato scarsi risultati. Nello stesso periodo, il Pil nominale di queste economie è cresciuto solo di 2.100 miliardi di dollari: ciò implica che ci sono 6.200 miliardi (la differenza tra la crescita delle attività delle Banche centrali e la crescita del Pil nominale) di liquidità in eccesso, che non è stata assorbita dall’economia ed è traboccata nei mercati finanziari, distorcendo i prezzi delle attività su tutto l’arco dei profili di rischio.

Normalizzazione significa cancellare queste distorsioni, e avrebbe dovuto cominciare da tempo. A 10 anni dall’inizio della Grande Crisi, è ora di abbandonare la modalità di emergenza nella gestione della politica monetaria. Un mondo in ripresa (anche se stentata) non ha bisogno di un approccio alla politica monetaria da crisi in corso.

Le autorità monetarie questo lo hanno accettato controvoglia. La generazione di banchieri centrali nutre una dedizione quasi religiosa per gli obiettivi di inflazione, perfino nel mondo senza inflazione in cui viviamo. Il pendolo si è spostato dalla rimozione dell’inflazione in accesso agli sforzi per evitare la deflazione, ma la stabilità dei prezzi rimane la conditio sine qua non negli ambienti monetari.

L’ossessione per l’inflazione è un incantesimo difficile da spezzare, e lo posso confermare personalmente. Negli anni 70, quando lavoravo alla Fed, assistetti in prima persona alla nascita della Grande Inflazione, e al ruolo giocato dall’inettitudine delle Banche centrali nella sua creazione. Per anni, se non decenni, dopo quell’esperienza, sono rimasto convinto che l’aumento dei prezzi fosse costantemente in agguato.

L’odierna generazione di banchieri centrali si è trincerata sull’altra estremità dell’arco dei prezzi. Devoti a una mentalità da «curva di Phillips», influenzata dal presunto trade-off tra stagnazione economica e inflazione, i banchieri centrali rimangono saldi nella convinzione che un orientamento accomodante della politica monetaria sia appropriato fintanto che l’inflazione rimane al di sotto dell’obiettivo.

Questo è il rischio più grande, oggi. La normalizzazione non dev’essere vista come un’operazione legata all’andamento dell’inflazione. Un’inflazione al di sotto dell’obiettivo non è una giustificazione per ritardare i tempi della normalizzazione. Se si vuole ricostruire l’arsenale degli strumenti di politica monetaria per la crisi o recessione che prima o poi, inevitabilmente, arriverà, è di gran lunga preferibile riportare la politica monetaria alla situazione ante-crisi in modo spedito e metodico.

Nell’ultimo periodo ante-crisi, a inizio anni 2000, non venne fatto, e fu proprio questo il problema. La Fed commise l’errore più madornale che si potesse commettere. Dopo lo scoppio della bolla di internet a inizio anni 2000, e con i timori di uno scenario alla giapponese che gravavano sul dibattito, la Fed optò per una strategia di normalizzazione a piccoli passi, aumentando il tasso ufficiale 17 volte, ogni volta con piccoli ritocchi di 25 punti base, in un arco di 24 mesi, da metà del 2004 a metà del 2006. Ma fu in quel periodo che i mercati finanziari sempre più esuberanti gettarono le basi del disastro che sarebbe seguito di lì a poco.

Attualmente, la Fed ha delineato una strategia che porterebbe a una normalizzazione dello stato patrimoniale al più presto nel 2022-2023, due volte e mezza o addirittura tre volte di più della malaccorta campagna di normalizzazione di metà degli anni 2000. Con i mercati surriscaldati che abbiamo adesso, un approccio del genere significa andare in cerca di guai. Nell’interesse della stabilità finanziaria, ci sono motivi convincenti per procedere molto più speditamente sulla strada della normalizzazione, portando a termine l’operazione nella metà del tempo che la Fed prospetta al momento.

Le Banche centrali indipendenti non sono state pensate per vincere gare di popolarità. Paul Volcker ne era consapevole, quando guidò l’assalto contro l’inflazione fuori controllo, all’inizio degli anni 80. Ma l’approccio assunto dai suoi successori, Alan Greenspan e Ben Bernanke, è stato molto diverso, e ha consentito ai mercati finanziari e a un’economia sempre più dipendente dalle attività di prendere il controllo della Fed. Per Janet Yellen (o il suo successore) servirà coraggio per forgiare una strada diversa. Con oltre 6mila miliardi di dollari di liquidità in eccesso che continuano a tracimare nei mercati finanziari mondiali, quando quel coraggio verrà trovato sarà sempre troppo tardi.

(Traduzione di Fabio Galimberti)

© PROJECT SYNDICATE, 2017

 

Stephen Roach

Thursday, September 21, 2017

Formula matematica dell'arroganza

[…] Perché la nostra società è centrata sull’ego, sull’individualismo e sulla arroganza, sulla presunzione di sapere tutto. L’arroganza ha una formula matematica, EGO/CONOSCENZA, più è grosso l’ego e più è piccola la conoscenza in un settore della vita, più è grande l’arroganza. Nel settore finanziario l’arroganza porta a grandi perdite, alla rovina, a disastri.

 

 

http://www.francescocaruso.net/meccanica-base-delle-bolle-finanziarie-parte-seconda/7686

 

 

Monday, April 10, 2017

I genitori di figli di successo hanno queste 17 cose in comune

 

 

 

 

·          9/4/2017 6:00:17 AM

 

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Buona parte del tuo successo è merito dei tuoi genitori. Robert Mora / Getty Images

I buoni genitori vogliono che i loro figli stiano fuori dai guai, vadano bene a scuola, e continuino facendo cose meravigliose da adulti.

E, sebbene non vi sia una ricetta per crescere figli di successo, la ricerca in psicologia ha indicato una manciata di fattori che predicono il successo.

Non sorprende che per la maggior parte dipendano dai genitori

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Ecco quelli che i genitori di figli di successo hanno in comune:

Fanno fare ai loro figli le faccende di casa

Flickr/woodleywonderworks

Se i bambini non lavano i piatti, significa che qualcun altro li sta lavando per loro” ha detto Julie Lythcott-Haims, ex dean di matricole alla Stanford University e autrice di “Come crescere dei bambini di successo – senza essere genitori eccessivi”, nel corso di un TED Talk live.

“E così sono assolti non solo dal fare il lavoro, ma anche dall’imparare che bisogna lavorare e che ognuno di noi deve contribuire al miglioramento generale” ha detto.

Lythcott-Haims crede che i figli cresciuti facendo le faccende di casa sapranno collaborare coi loro colleghi una volta nel mondo del lavoro, saranno più empatici perché sanno in prima persona cosa significa faticare, e sono in grado di assumersi compiti in modo indipendente.

Basa questa idea sull’Harvard Grant Study, lo studio longitudinale più lungo mai condotto.

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Insegnano ai propri figli competenze sociali

I ricercatori della Pennsylvania State University e della Duke University hanno monitorato più di 700 bambini provenienti da tutti gli Stati Uniti, tra bimbi di scuola materna e ragazzi di 25 anni, e hanno trovato una correlazione significativa tra le loro competenze sociali quando erano all’asilo e il loro successo da adulti, due decenni più tardi.

Lo studio durato 20 anni ha dimostrato che i bambini socialmente competenti – che sanno cooperare con i loro coetanei senza che venga loro chiesto, essere utili agli altri, capire i loro sentimenti, e risolvere i problemi da soli – avevano di gran lunga maggiori probabilità di ottenere  una laurea e un lavoro a tempo pieno entro i 25 anni rispetto a quelli con competenze sociali limitate.

Quelli con abilità sociali limitate avevano anche una maggiore probabilità di essere arrestati e di diventare alcolizzati.

“Questo studio dimostra che aiutare i bambini a sviluppare abilità sociali ed emotive è una delle cose più importanti che possiamo fare per prepararli ad un futuro sano”, ha detto Kristin Schubert, direttore del programma presso la Robert Wood Johnson Foundation, che ha finanziato la ricerca, in un comunicato.

“Fin dalla tenera età, queste competenze possono determinare se un bambino finirà a scuola o in prigione, e se sarà un impiegato o un drogato”.

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Hanno grandi aspettative

Utilizzando i dati di un sondaggio su 6.600 bambini nati nel 2001, il professore Neal Halfon dell’Università di California a Los Angeles e i suoi colleghi hanno scoperto che le aspettative che i genitori hanno per i loro figli hanno un effetto enorme sulla realizzazione di questi ultimi.

I genitori che immaginavano l’università nel futuro del loro bambino sembravano indirizzare il loro bambino verso questo obiettivo indipendentemente dal loro reddito e da altre risorse”, ha detto in una dichiarazione.

La scoperta è il risultato di test standardizzati: il 57% dei ragazzi che da adulti sono finiti peggio avevano genitori che si aspettavano che frequentassero il college, mentre il 96% dei ragazzi che hanno fatto meglio avevano genitori che si aspettavano che andassero al college.

Che i genitori dovrebbero mantenere le loro aspettative elevate è in linea con un’altra scoperta piscologica – l’effetto Pigmalione, in cui si afferma “che ciò che una persona si aspetta da un altro può arrivare a servire come una profezia che si autoavvera” – ed è anche quello che alcuni insegnanti hanno detto a Business Insider essere la cosa più importante per il successo di un bambino.

Vanno per lo più d’accordo tra di loro

I bambini in famiglie ad alto conflitto, che i genitori siano divorziati o meno, tendono a fare peggio di figli di genitori che vanno d’accordo, in base a una revisione di studio della University of Illinois. Robert Hughes Jr., professore e capo del Dipartimento di Sviluppo Umano e della Comunità nel College of ACES presso l’University of Illinois, e autore dello studio, osserva anche che alcuni studi hanno scoperto che i bambini in famiglie monoparentali non conflittuali se la cavano meglio dei bambini in famiglie con due genitori ma conflittuali.

Il conflitto tra i genitori prima del divorzio colpisce anche i bambini negativamente, mentre il conflitto post-divorzio ha una forte influenza sull’assestamento psicologico dei bambini, dice Hughes.

Uno studio ha scoperto che, dopo il divorzio, quando un padre senza custodia ha frequenti contatti con i suoi figli e non v’è il minimo conflitto, i bambini se la cavano meglio. Ma quando c’è un conflitto, le frequenti visite del padre sono correlate ad un più difficile assestamento psicologico dei bambini.

Ancora un altro studio ha trovato che 20enni che hanno sperimentato il divorzio dei loro genitori da bambini ancora riportano dolore e angoscia rispetto al divorzio dei genitori 10 anni dopo. I giovani che hanno riferito di alta conflittualità tra i genitori avevano di gran lunga più probabilità di provare sentimenti di perdita e rimpianto.

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E quando hanno un conflitto, si affrontano civilmente davanti ai figli

Shutterstock

Quando i bambini sono testimoni di conflitti lievi o moderati che coinvolgono sostegno, compromesso, ed emozioni positive in casa, imparano meglio le competenze sociali, l’autostima e la sicurezza emotiva, che può aiutare i rapporti tra genitori e figli e influire su quanto bene andranno a scuola, ha detto a Developmental Science E. Mark Cummings, una psicologa dell’età evolutiva presso l’Università di Notre Dame.

“Quando i bambini assistono ad un litigio e vedono i genitori risolverlo, sono in realtà più felici di quanto non fossero prima di assistervi” dice. “Questo rassicura i bambini che i genitori possono lavorare insieme per risolvere i problemi”. Cummings ha detto che i bambini si accorgono quando un genitore si sta arrendendo per evitare un litigio perché si rifiuta di comunicare, e la loro risposta emotiva non è positiva.

“I nostri studi hanno dimostrato che gli effetti a lungo termine della ritirata di un genitore sono in realtà più allarmanti rispetto alla reazione dei bambini a un conflitto aperto” dice. E spiega che i bambini in questo caso possono percepire che qualcosa non va, il che produce stress, ma non capiscono cosa o perché, il che significa che è più difficile per loro adeguarsi.

Lo stress cronico da ripetute esposizioni al conflitto distruttivo può far sì che i bambini siano preoccupati, ansiosi, senza speranza, arrabbiati, aggressivi, malaticci, stanchi, e con difficoltà negli studi.

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Hanno raggiunto livelli d’istruzione superiore

Uno studio del 2014 guidato dalla psicologa Sandra Tang dell’Università del Michigan ha scoperto che le madri che hanno terminato il liceo o l’università hanno più probabilità di allevare bambini che avrebbero fatto lo stesso.

Considerando un gruppo di oltre 14.000 bambini che sono entrati all’asilo tra il 1998 e il 2007, lo studio ha rilevato che i bambini nati da mamme adolescenti (18 anni o più giovani) avevano meno probabilità di finire la scuola o andare a scuola rispetto ai loro omologhi.

L’aspirazione è almeno parzialmente responsabile. In uno studio longitudinale del 2009 su 856 persone nella New York semirurale, lo psicologo Eric Dubow della Bowling Green State University ha rilevato che “il livello di istruzione dei genitori quando il bambino aveva 8 anni ha predetto in modo significativo il successo formativo e occupazionale per il bambino 40 anni più tardi”.

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Insegnano molto presto la matematica ai loro figli

Una meta-analisi del 2007 su 35.000 bambini in età prescolare attraverso gli Stati Uniti, il Canada e l’Inghilterra ha scoperto che lo sviluppo di competenze matematiche precoci può trasformarsi in un enorme vantaggio.  “L’importanza fondamentale di abilità matematiche precoci – e dell’iniziare la scuola con una conoscenza dei numeri, del loro ordine, e di altri concetti matematici rudimentali – è una delle sorprese che escono dallo studio” ha detto in un comunicato il coautore e ricercatore della Northwestern University Greg Duncan. “La padronanza di abilità matematiche precoci predice il futuro, non solo le conquiste matematiche, ma fa prevedere anche le conquiste future nella lettura”.

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Sviluppano un rapporto con i loro figli

Uno studio del 2014 su 243 persone nate in povertà ha scoperto che i bambini che hanno ricevuto un’“assistenza sensibile” nei primi tre anni di vita non solo hanno fatto meglio nei test accademici durante l’infanzia, ma hanno avuto rapporti più sani e una maggiore realizzazione accademica una volta 30enni.

Come riportato su PsyBlog, i genitori che sono tutori sensibili “rispondono ai segnali del loro bambino tempestivamente e in modo appropriato” e “forniscono una base sicura” con cui i bambini esploreranno il mondo.

“Questo suggerisce che gli investimenti nelle prime relazioni genitore-figlio possono creare vantaggi a lungo termine che si accumulano in tutta la vita degli individui”, ha detto in un’intervista il coautore e psicologo della University of Minnesota Lee Raby.

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Sono meno stressati

Facebook / Christophe Wu

Secondo una recente ricerca citata da Brigid Schulte sul The Washington Post, il numero di ore che le mamme trascorrono con i bambini di età compresa tra 3 e 11 anni serve ben poco a prevedere il comportamento del bambino, il suo benessere, o la sua realizzazione.

C’è di più: il “fare la madre in modo intensivo” o l’avere l’approccio della cosiddetta “genitorialità elicottero” può ritorcersi contro.

Lo stress delle madri, in particolare quando le madri sono stressate nel tenere in equilibrio il lavoro cercando di trovare il tempo per i figli, potrebbe in realtà colpire malamente proprio i loro figli”, ha detto il coautore dello studio e sociologo della Bowling Green State University Kei Nomaguchi a The Post.

Il contagio emotivo – il fenomeno psicologico per cui la gente “contrae” sentimenti l’uno dall’altro come si farebbe con un raffreddore – aiuta a spiegare il perché. La ricerca dimostra che se il vostro amico è felice, quella felicità infetterà voi; se è triste, anche quella malinconia si trasferirà. Quindi, se un genitore è esaurito o frustrato, quello stato emotivo potrebbe trasferirsi ai figli.

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Danno più valore all’impegno che all’evitare il fallimento

Da dove i figli credono che derivi il successo è qualcosa che predice se lo conseguiranno o meno.

Nel corso di decenni la psicologa della Stanford University Carol Dweck ha scoperto che i bambini (e gli adulti) pensano al successo in un modo o in un altro. Al sempre fantastico Brain Pickings, Maria Popova dice che funziona un po’ così:

– Una “mentalità fissa” presuppone che il nostro carattere, intelligenza e capacità creativa siano dati di fatto statici che non possiamo cambiare in modo significativo, e il successo è l’affermazione di quell’intelligenza intrinseca, una valutazione di come questi dati di fatto misurino rispetto a un altrettanto fisso standard; lottare per il successo ed evitare il fallimento a tutti i costi diventano un modo di mantenere la sensazione di essere intelligenti o qualificati.

– Una “mentalità di crescita”, al contrario, vive di sfida e vede il fallimento non come prova di non-intelligenza, ma come un trampolino di lancio incoraggiante per la crescita e per l’ampliamento delle nostre capacità attuali.

Al centro c’è una distinzione nel modo in cui si assume che la nostra volontà influenzi le nostre capacità, e ha un potente effetto sui bambini. Se ai bambini viene detto che hanno passato a pieni voti un test grazie alla loro intelligenza innata, questo crea una mentalità “fissa”. Se ci sono riusciti grazie a uno sforzo, questo insegna loro ad avere una mentalità “di crescita”.

Le mamme lavorano fuori casa

Secondo una ricerca di Harvard Business School, ci sono vantaggi significativi per i bambini che crescono con le madri che lavorano fuori casa.

Lo studio ha scoperto che le figlie di madri che lavorano sono andate a scuola più a lungo, avevano una maggiore probabilità di avere un lavoro in un ruolo di supervisione, ed di guadagnare più soldi – il 23% in più rispetto alle loro coetanee che sono state allevate da madri non lavoratrici.

I figli di madri che lavorano, inoltre, tendevano a occuparsi di più delle faccende di casa e della cura dei figli, ha rivelato lo studio: hanno trascorso sette ore e mezzo in più a settimana ad occuparsi dei bambini e 25 minuti in più in faccende domestiche.

“Essere un buon modello per i propri figli è un modo per far passare ciò che è appropriato in termini di come ci si comporta, quello che si fa, le attività che in cui ci si impegna, e ciò in cui si crede”, ha detto a Business Insider l’autore principale dello studio, il professore della Harvard Business School Kathleen L. McGinn,.

“Ci sono poche cose, di nostra conoscenza, che hanno un effetto così chiaro sulla disuguaglianza di genere come l’essere cresciuto da una madre che lavora”, ha detto a Working Knowledge.

Hanno un più elevato status socio-economico

Tragicamente, un quinto dei bambini americani crescono in condizioni di povertà, una situazione che limita fortemente il loro potenziale.

Questo dato sta diventando ancora più estremo. Secondo il ricercatore della Stanford University Sean Reardon, il divario di realizzazione tra le famiglie ad alto e basso reddito “è di circa il 30% – 40% superiore tra i bambini nati nel 2001 rispetto ai nati 25 anni prima”.

Come ha notato l’autore di “Drive” Dan Pink, più alto è il reddito dei genitori, più alti sono i punteggi SAT (Scholastic Assessment Test, un test che valuta le conoscenza scolastiche ndr) dei figli.

“In assenza di interventi approfonditi e costosi, lo status socio-economico è ciò che determina gran parte del livello di istruzione e di prestazioni”, ha scritto.

Sono “autorevoli” invece che “autoritari” o “permissivi”

Dave Reginek/Getty Images

Pubblicata per la prima volta nel 1960, la ricerca della psicologa dello sviluppo presso l’University of California a Berkeley Diana Baumride, ha scoperto che ci sono fondamentalmente tre tipi di stili genitoriali:

Permissivo: Il genitore cerca di essere non punitivo e di accettare il bambino.

Autoritario: Il genitore cerca di modellare e controllare il bambino sulla base di un determinato standard di condotta.

Autorevole: Il genitore cerca di dirigere il bambino razionalmente.

L’ideale è l’autorevole. Il ragazzo cresce con un rispetto per l’autorità, ma non si sente strangolato da essa.

Insegnano ad avere “grinta”

Nel 2013, la psicologa dell’University of Pennsylvania Angela Duckworth ha vinto una borsa di studio MacArthur “genius” per la sua scoperta di un potente tratto della personalità che porta al successo chiamato “grit”, grinta.  Definito come “la tendenza a mantenere l’interesse e lo sforzo verso obiettivi a lunghissimo termine”, la sua ricerca ha collegato la grinta con il livello di istruzione, la media dei voti negli studenti della Ivy League, il successo dei cadetti dell’accademia West Point, e la posizione nella Spelling US National Bee (un concorso benefico di ortografia ndr.).

Si tratta di insegnare ai bambini a immaginare – e ad impegnarsi per – il futuro che vogliono creare.

Danno ai loro figli nomi a prova di pregiudizio

Una serie di ricerche dimostrano quanto basta il vostro nome ad influenzare il vostro successo nella vita, dalla vostra possibilità di essere assunti alle vostre abitudini di spesa.

Dal punto di vista della carriera, le persone con i nomi che sono comuni e facili da pronunciare, per esempio, è stato scoperto che hanno più successo.

Applicano il controllo sul comportamento, non il controllo psicologico

Secondo uno studio longitudinale della University College di Londra, il controllo psicologico dei genitori sui loro figli svolge un ruolo significativo nella loro soddisfazione di vita e sul benessere mentale.

Come Jeff Haden spiega a Mic:

Le persone che hanno percepito i loro genitori come meno psicologicamente controllanti e più attenti a come stavano crescendo avevano più probabilità di essere più felici e soddisfatti come adulti.

Il rovescio della medaglia, le persone i cui genitori applicavano maggiore controllo psicologico mentre crescevano hanno mostrato un benessere mentale significativamente più basso per tutta la loro vita adulta; infatti, l’effetto è stato giudicato simile alla recente morte di un caro amico o un parente.

Impedire ai bambini di prendere le proprie decisioni, invadere la loro privacy, favorire la dipendenza e i sensi di colpa sono tutti esempi di come un genitore potrebbe applicare il controllo psicologico.

Considerando che il controllo psicologico consiste nel cercare di controllare lo stato emotivo o le convinzioni di un bambino, Haden sottolinea che il controllo del comportamento è diverso in quanto si tratta di impostare limiti a comportamenti che potrebbero essere dannosi. Esempi di controllo del comportamento includono l’imporre un “coprifuoco”, l’assegnazione di lavori, e l’aspettarsi che finiscano i compiti a casa.

Capiscono l’importanza di una buona alimentazione e di abitudini alimentari

Wikimedia Commons

Le persone di successo riconoscono che le buone abitudini alimentari possono aiutare a concentrarsi e ad essere produttivi durante il giorno.

Come Business Insider ha scritto in precedenza, Catherine Steiner-Adair, una psicologa clinica per famiglie e bambini e autore di libri come “The Big Disconnect: Proteggere l’Infanzia e le relazioni familiari nell’era digitale”, ha detto a Slate che lo sviluppo di abitudini alimentari nei bambini che siano sia fisicamente sia mentalmente sane richiede il coinvolgimento dei genitori.

Per aiutare i loro bambini a sviluppare un senso di accettazione del corpo e un’immagine positiva del proprio corpo, dice che i genitori hanno bisogno di essere modelli di comportamento con atteggiamenti positivi rispetto al proprio corpo e a quello degli altri, con abitudini alimentari sane e un atteggiamento positivo in generale verso il cibo.

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https://it.businessinsider.com/i-genitori-di-figli-di-successo-hanno-queste-17-cose-in-comune/

 

 

 

Robert Habeck on Israel and Antisemitism

https://www.youtube.com/watch?v=MdZvkkpJaVI&ab_channel=Bundesministeriumf%C3%BCrWirtschaftundKlimaschutz