Saturday, April 11, 2020

Noi e l’Unione Europea: un altro passo avanti



Noi e l'Unione Europea:
un altro passo avanti

di Mario Monti10 aprile 2020

Per l'Italia, che non è uscita male dal negoziato, vi è ora il rischio di un cattivo uso del risultato ottenutoL'accordo raggiunto all'Eurogruppo, pur con diverse ambiguità, è un altro passo in avanti verso una risposta europea alla crisi da coronavirus, dopo le misure prese dalla Commissione e dalla Banca centrale europea. Per l'Italia, che secondo me non è uscita male dal negoziato, vi è ora il rischio di un cattivo uso del risultato ottenuto. Due sono i mantra utilizzati, uno verso il governo e l'altro verso l'Europa. Si guardi bene il governo dal fare uso di ciò che è stato ottenuto nel negoziato, il Mes (Meccanismo europeo di stabilità) a condizioni leggere. E non creda, la gretta Europa, di aver fatto qualcosa a favore dell'Italia e degli altri Paesi più colpiti ; ha respinto i coronabond, quindi stia zitta, l'Italia dovrà fare da sé. Queste posizioni sono insidiosamente diffuse sia in partiti all'opposizione, Lega e Fratelli d'Italia, sia forse nel Movimento 5 Stelle, asse portante del governo. Potrebbero mettere in difficoltà il premier Giuseppe Conte in vista del Consiglio europeo del 23 aprile e della fase 2 nella lotta alla pandemia.

Il richiamo ai fatti dovrebbe indurre a maggiore lucidità. Il Mes rappresenta l'evoluzione del Fondo europeo per la stabilità finanziaria (Fesf). Il Fesf prima e il Mes poi sono stati preparati e decisi a livello europeo nel 2010-2011 con l'Italia rappresentata da Silvio Berlusconi nel Consiglio europeo e da Giulio Tremonti nell'Ecofin ed Eurogruppo. Quel governo si reggeva sull'alleanza Pdl-Lega. Giorgia Meloni ne faceva parte come ministro per il Pdl, Matteo Salvini era europarlamentare della Lega. La decisione di istituire il Mes fu presa a livello Ecofin il 9-10 maggio 2010, con la precisazione che «la sua attivazione sarà soggetta a forte condizionalità, nel contesto di un sostegno congiunto Ue/Fmi, e avrà termini e condizioni simili a quelli del Fmi». A livello di Consiglio europeo il 25 marzo 2011 i capi di governo ribadirono che «la concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell'ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità».

L'umiliante esperienza fatta dalla Grecia con la troika, creata con il Fesf, fu tra le ragioni che mi indussero – quando nel novembre 2011 venni chiamato al governo dopo la caduta di Berlusconi, abbandonato dalla Lega, e dovendo rispettare le condizioni draconiane imposte da Trichet e Draghi nella lettera del 5 agosto, accettate dal governo Berlusconi per non perdere il sostegno della Bce ai titoli italiani – ad escludere la richiesta di aiuti, che avrebbe comportato la calata della troika su Roma, e a chiedere al Parlamento di approvare una dura manovra.

Non sarò certo io, perciò, a raccomandare a Conte di andare sotto le forche caudine di meccanismi preparati in Europa da un governo Berlusconi-Lega, che poi passò ad altri l'onere di evitare il default dell'Italia. Onere altissimo, anche perché la lettera Trichet-Draghi, accettata da Berlusconi, chiedeva al nostro Paese di raggiungere il pareggio strutturale del bilancio non nel 2014, traguardo fissato per tutti i Paesi dell'eurozona bensì, solo per noi, già nel 2013. E questo ormai i mercati si aspettavano, quando il nostro spread stava per toccare i 600 punti!

Ma oggi, a causa del coronavirus, la situazione è completamente diversa. La natura della crisi è differente. L'Italia non è guardata male come allora, «colpevole n. 2» dopo la Grecia e che se fosse esplosa avrebbe mandato anche l'euro in frammenti. Oggi l'Italia è vista con simpatia e solidarietà, atteggiamento che riguarda anche gli altri Paesi più colpiti. Per questo, i crediti del Mes per rimettere in sesto e in marcia quei Paesi, verrebbero erogati con la sola condizione che i fondi siano utilizzati per le finalità prestabilite. Cosa che, devo dire, come italiano mi tranquillizza. Su questo aspetto della condizionalità leggera, non macroeconomica, il governo italiano avrebbe a mio parere dovuto ottenere assicurazioni ancora più esplicite. Su questo, Conte dovrebbe insistere in vista del Consiglio europeo, piuttosto che agitare ancora la bandiera dei coronabond per esigenze illusionistiche di politica interna, quando è chiaro che, in questa occasione, solo un miracolo potrebbe farli adottare.

Già, gli eurobond. Come ho ricordato recentemente in questa sede, sono favorevole agli eurobond da molti anni. E penso che mai come questa volta il contesto culturale, politico ed etico fosse favorevole per ottenere l'accordo su una prima sperimentazione. Purtroppo, l'opportunismo di larga parte della politica italiana, proprio di quella che vorrebbe impedire al governo di fare un uso appropriato del canale Mes che si apre, ha fatto di tutto – senza rendersene conto, temo – per accrescere nell'ultimo paio d'anni la riluttanza da parte delle opinioni pubbliche di altri Paesi (non solo l'Olanda !) all'idea di condividere anche solo una piccola parte del debito pubblico italiano.

Elenco alcuni fatti, che i lettori ricorderanno. Per pudore, mi astengo dal commentarli, ma provino i lettori a mettersi nei panni, diciamo, di risparmiatori e contribuenti tedeschi, che apprendono i seguenti fatti: il governo giallo-verde chiede, nella prima bozza del suo programma, che la Bce condoni all'Italia 300 miliardi di euro di debito pubblico; politici di primo piano dicono «ce ne freghiamo dell'Europa, delle regole europee», «facciamo tutto il disavanzo che vogliamo»; tutti i partiti fanno a gara a chi promette tasse più basse e tutti rifiutano di considerare tasse sul patrimonio; leggono le stime, ufficiali, sull'evasione fiscale; vedono che ogni anno ci sono condoni fiscali, previdenziali, edilizi, valutari; apprendono che l'Italia non riesce a utilizzare i fondi che già riceve dalla Ue; sentono che Beppe Grillo al Parlamento europeo ha invitato l'Europa a non finanziare l'Italia perché in quel modo finanzia la mafia.

Ma quegli stessi politici italiani esigono solidarietà dall'Europa. Si indignano se gli altri esitano un po' a condividere i debiti con gli italiani. Io sono convinto, con testardaggine illuministica, che un giorno anche la Germania darà luce verde agli eurobond, così come ero convinto che avremmo indotto la Merkel ad accettare che la Bce stabilizzasse il mercato dei titoli di Stato contro la speculazione. Questa seconda cosa, nel giugno 2012, è avvenuta. Ma non sarebbe avvenuta se il governo, il Parlamento e il popolo italiano non avessero in quel periodo dimostrato di saper essere responsabili. Gli eurobond verranno ma, per favore, non facciamo l'esatto contrario di ciò che occorre fare per averli.

10 aprile 2020, 22:33 - modifica il 10 aprile 2020 | 22:33

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