Wednesday, September 05, 2018

Ma il potere del popolo non è assoluto


L'EDITORIALE DI FABIO PONTIGGIA

Reguzzi
di FABIO PONTIGGIA - Diventa sempre più attuale il dibattito sul potere esercitato dai cittadini con gli strumenti della democrazia diretta. La riuscita della domanda d'iniziativa popolare per l'abolizione della libera circolazione delle persone è solo l'ultima sollecitazione su questo fronte. La questione si era infiammata dopo l'approvazione dell'articolo costituzionale contro l'«immigrazione di massa». Secondo i vincitori del 9 febbraio 2014 la legislazione di applicazione, varata dalle Camere federali, sarebbe una crassa violazione della volontà popolare, che andava invece attuata incondizionatamente. Di qui la nuova iniziativa.
Al di là del fatto che questa interpretazione costituisce una palese falsificazione (l'iniziativa «Stop all'immigrazione di massa» chiedeva infatti non di rescindere l'Accordo sulla libera circolazione, bensì di rinegoziarlo con Bruxelles, ed era silente su cosa si sarebbe dovuto fare nel caso in cui il negoziato non fosse andato in porto), interessa qui la questione generale della sovranità popolare. Viviamo infatti una stagione politica in cui i principi fondamentali della nostra civiltà giuridica e istituzionale, forgiata dal costituzionalismo, sono messi a dura prova, stiracchiati da tutte le parti, a volte persino violentati. La limitazione del potere, tramite la sua suddivisione (e grazie al primato della legge, garante delle libertà e dei diritti dell'individuo), sembra stranamente non doversi applicare ad un soggetto: i cittadini che esercitano direttamente, appunto, il potere. Nella visione populista e sovranista il volere dei cittadini che decidono direttamente, non delegando la decisione ai loro rappresentanti, dovrebbe essere applicato senza alcun se e senza alcun ma. Questa concezione assolutista del potere popolare e quasi sacrale del «popolo» (anzi: del «Popolo») è incompatibile con l'architettura costituzionalista che regge le nostre democrazie e per realizzare la quale ci son voluti secoli di dure battaglie contro l'assolutismo. Nessun potere, nemmeno quello popolare, è illimitato. Non è vero che il «Popolo» ha sempre ragione. E soprattutto non è vero che il «Popolo» può decidere ciò che vuole. Abbiamo dimenticato Tocqueville. «Io considero empia e detestabile - scrive ne La democrazia in America - questa massima: che in materia di governo la maggioranza di un popolo ha il diritto di far tutto».
Il «Popolo» è una forzatura concettuale che fa torto alla realtà. Non è un'entità omogenea, formata da individui che hanno tutti la stessa opinione e interessi convergenti. È, al contrario, un insieme variegato di persone con idee diversissime sui problemi della società, su come li si debba risolvere e soprattutto con interessi discordanti e spesso contrapposti, insanabilmente antagonisti. Per questo la sovranità popolare non può essere assoluta: se lo fosse, si tradurrebbe in quella che Tocqueville ha definito la «tirannide della maggioranza», che schiaccia la minoranza soccombente. «Se voi ammettete che un uomo fornito di tutto il potere (il tiranno, ndr) può abusarne contro i suoi avversari, perché non ammettete ciò anche per la maggioranza? Gli uomini, riunendosi, mutano forse di carattere?».
Se un giorno il «Popolo», convinto e lasciato agire da abili demagoghi, approvando a maggioranza un'iniziativa costituzionale decidesse di abolire la libertà di stampa, o di togliere alle donne il diritto di voto e di eleggibilità, o di vietare le religioni, non si potrebbe certo dare seguito pratico a tali scelte. Poco, anzi nulla, importa che sia volontà popolare espressa democraticamente nel segreto dell'urna.
Sono casi estremi che mai si daranno. Ma l'enfasi oggi posta sulla volontà del «Popolo», che primeggerebbe su tutto, è un vento alimentato nella direzione sbagliata. La patria della democrazia diretta dovrebbe essere maestra nel ricordare che la sua creatura prediletta ha invece limiti invalicabili

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