Il piccolo Paese elvetico ha impiegato secoli a garantire la libera circolazione delle persone al proprio interno. E' quindi normalissimo che la grande Ue incontri tante difficoltà a questo proposito
di EDGAR SCHULER (Tages Anzeiger)
01 novembre 2016
Libera circolazione, l'esempio della Svizzera per l'Europa
Oggi sembra incredibile, ma Zurigo nel Settecento opponeva un ferreo divieto a stabilirsi all’interno delle sua mura persino ai contadini dei villaggi adiacenti. Le città allora custodivano gelosamente i privilegi dei loro abitanti, mantenendo pertanto piccole dimensioni e scarso peso. Servì l’intervento dei soldati di Napoleone e in seguito dii politici illuminati per imporre la libera circolazione delle persone all’interno dei confini svizzeri. In totale, con molte battute d’arresto, ci vollero due secoli. Oltre all’intervento militare francese fu necessaria anche una guerra civile. La ricompensa di questi sforzi, oggi come allora, è un’economia fiorente, frutto non solo, ma anche, della libertà di residenza che la Svizzera garantisce all’interno dei suoi confini.
Il diritto di perseguire la propria felicità in seno a uno stato nazionale ove se ne presentino le maggiori opportunità è costato anche ad altri paesi un processo lungo, difficile e spesso sanguinoso. Oggi la Ue lotta per la libertà di residenza all’interno dei propri confini, incomparabilmente più vasti. Per la maggioranza dei britannici è stata un elemento chiave del voto contro l’Ue e a favore della Brexit. Boris Johnson, Marine Le Pen, Geert Wilders, Frauke Petry e gli altri populisti d’Europa la assimilano all’immigrazione selvaggia e alla perdita di privilegi delle popolazioni locali. Anche la sinistra fa fatica ad accettare il concetto, associandolo al capitalismo illimitato.
Invece i vertici dell’Ue sono inflessibili quanto alla libera circolazione delle persone. Jean-Claude Juncker e Angela Merkel ribadiscono che se si vuole far parte dell’Unione e godere dei vantaggi che l’adesione comporta, occorre garantire a tutti i cittadini Ue libero accesso al proprio mercato del lavoro. Niente libero mercato in Europa senza libertà di residenza. Vale anche per i paesi che intendono aderire al mercato unico da non membri, come la Svizzera o, a breve, la Gran Bretagna.
La Ue rischia di frantumarsi su questi contrasti. Il voto per la Brexit è stato l’inizio della fine, i maggiori critici dell’Ue ne sono convinti in tutta Europa. L’asprezza del dissidio sulla libera circolazione che oggi divide l’Unione ha sorpreso molti, in realtà è sorprendente che questa reazione si manifesti solo ora.
Assieme all’euro e alla libera circolazione delle merci dei servizi e dei capitali il progetto della libera circolazione degli individui è frutto di una dinamica innescata dalla caduta del muro nel 1989. L’allora presidente francese François Mitterrand e il cancelliere tedesco Helmut Kohl elaborarono una tabella di marcia con l’obiettivo di creare una sempre maggiore integrazione europea. L’accordo di Maastricht nel 1993 rese i cittadini degli stati membri automaticamente cittadini dell’Unione, con il diritto di stabilirsi ovunque nell’Ue.
Ma gli architetti dell’Ue avevano sottovalutato i problemi esistenti allora come oggi: l’enorme divario di prosperità tra i vari paesi, le differenze nella conformazione dello stato sociale e i timori, facilmente cavalcabili, di perdere privilegi. Diversamente da quanto accaduto nella Svizzera dell’Ottocento oggi è impensabile che in Europa si usino le armi in nome della libertà di circolazione delle persone. Ma la dolorosa esperienza svizzera insegna che per realizzarla non basta un accordo solennemente sottoscritto. La libertà di residenza in una struttura complessa quale è l’Ue richiede tempo. E servono regole, perché i sistemi economici e sociali dei singoli paesi siano in grado di gestire ragionevolmente l’immigrazione o l’emigrazione. Ma vale la pena di investire in questo progetto, perché le libertà di commercio e residenza hanno in sé il potenziale di superare la stagnazione economica.
Edgar Schuler è un giornalista del Tages Anzeiger
Traduzione di Emilia Benghi
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