Professore, i politici promettono da mesi la soluzione al problema della crisi dell'euro. La popolazione non ne può più di sentirselo dire. Lei, invece?
"Comprendo molto bene questo sentimento negativo tra la popolazione. La politica ha promesso promesso troppe cose a problemi che richiedono soluzioni a breve termine. In Germania il Governo ha detto troppo a lungo quello che non voleva anziché quello che veramente vuole. Credeva, evidentemente, di poter promettere una scelta tra l'inferno e il paradiso. Ma in questo caso la scelta è tra l'inferno e il purgatorio".
La politica è chiamata a richieste eccessive...
"Sì. Essa avrebbe il compito di dare risposte a obiettivi a lungo termine. Ma non lo sta facendo più da un pezzo. La conseguenza? I politici lavorano per risolvere i problemi a breve termine. I tedeschi hanno tentato di organizzare una macchina perfetta di intervento antincendio, mentre il granaio in Grecia stava già bruciando. Se si guarda al passato si sarebbe potuto soffocare sul nascere i focolai che si stavano sviluppando nei singoli paesi colpiti dalla crisi del debito, anziché far estendere le fiamme ai paesi sani".
Guardiamo, appunto al passato. Tredici anni fa nasceva l'euro. Una maledizione o una benedizione?
"Una benedizione, di questo non ne ho il minimo dubbio. L'integrazione europea, iniziata nel 1957, è un successo. In Europa regna la pace da 66 anni. Attraverso l'unificazione europea, e in questo processo vi è da includere anche l'introduzione dell'euro, si sono potuti risparmiare spese inutili per armamenti e guerre. Questa "divisa della pace" è inestimabile. Un valore troppo grande".
Ma la corsa agli armamenti si sarebbe potuta evitare anche senza euro?
"Non bisogna dimenticare che l'euro è nato come conseguenza della caduta del muro del Berlino e la fine della Guerra fredda. La Francia non accettava una Germania riunificata, che avrebbe ripreso il dominio dell'Europa e, quindi, il presidente Francois Mitterand, in cambio della riunificazione ha chiesto la rinuncia al marco tedesco".
Come sarebbe oggi l'Europa senza moneta unica?
"Difficile da dire. Avremmo ancora politiche nazionali e molto isolazionismo. I legami tra i paesi europei sarebbero meno stretti. Da economista dico che l'unione monetaria non era necessaria. Lo spazio monetario si è dimostrato già dall'inizio non perfetto. In questo progetto la politica ha assunto un ruolo sovradimensionato, in una situazione economica non ancora matura per questo evento".
Anche senza euro ci sarebbe stata una crisi del debito così seria?
"La crisi del debito è una conseguenza dell'euro. I paesi dell'Europa meridionale, deboli a livello economico e strutturale, hanno potuto ottenere crediti vantaggiosi. Ma i debiti sovrani non sono che la punta dell'iceberg. Il problema maggiore sono i deficit di bilancio, che devono essere finanziati attraverso il credito".
Si spieghi meglio...
"Facciamo un esempio. Un greco ottiene un credito da una banca greca per acquistare un macchinario tedesco. Il denaro arriva dalla banca centrale europea. E' lei ad accordare il credito alle banche nazionali, che a loro volta concedono credito alle banche d'affari. E' tutto legale, ma non senza risvolti pericolosi. La Banca Centrale Europea ha concesso crediti alle banche nazionali per diverse centinaia di miliardi di euro. E nel caso di un crollo della zona Euro, anche questi soldi andrebbero persi".
La Cancelliera Merkel ha detto che se fallisce l'Euro, fallisce l'intera Europa. Lei cosa ne pensa?
"La penso più o meno come lei, anche se l'Europa non sparirebbe dalle carte geografiche se l'Euro dovesse fallire. Sarebbe una grossa illusione pensare che se l'euro dovesse crollare il giorno dopo tutto sarebbe come prima. Il mercato interno europeo è così intrinsecamente legato, che ci sarebbe il caos. E nessuno vuole che ciò accada".
E cosa avrebbero dovuto fare Helmut Kohl e Mitterand quando hanno fondato l'euro?
"Con il senno di poi si è tutti sempre più sapienti. L'Eurozona senza unione politica non può funzionare e oggi ne paghiamo le conseguenze. Lo sbaglio originale è la mancata unione fiscale e ciò crea le condizioni di un'Europa non matura per una unione monetaria. E poi si dimentica volentieri una cosa: anche la Svizzera non rappresenta uno spazio economico ottimale".
Ma in questo paese funziona!
"La Svizzera è dal 1848 uno stato federale, ma non è un'unione politica, così come non è un'unione fiscale. La Svizzera è stata da sempre una "Willensnation", che si basa sull'aiuto solidale alle regioni deboli. Senza la perequazione finanziaria per il Giura e il Ticino le cose andrebbero male".
Lei sta dicendo, in pratica, che giurassiani e ticinesi sono per gli svizzeri quello che i greci sono per l'Europa?
"A livello economico sì. Ma non c'è nulla di male in tutto ciò. In Svizzera è ovvio il sostegno ai cantoni deboli, poiché si è consapevoli che ciò serve alla coesione della comunità. Questa realtà non esiste ancora in Europa. La Svizzera, prima di arrivare a questa consapevolezza, ci ha messo circa 560 anni, dal 1291 al 1848. Settant'anni fa la Guerra in Europa è costata la vita a milioni di persone".
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