Monday, October 05, 2009

I condoni «mai più» e gli incassi dimenticati

Cinque anni dopo non ancora riscossi 5,2 miliardi della misura del 2003. Ogni volta la promessa: sarà l'ultimo. Risultati quasi sempre al di sotto delle stime

Non chiamatelo condono. D'accor­do, si potranno rimpatriare i denari sot­tratti al fisco pagando il 5%, meno di un quarto della più bassa aliquota Ir­pef. D'accordo, con quel misero 5% si potranno sanare reati penali e al riparo dell'anonimato. Ma non chiamatelo condono. Come potete chiamarlo, allo­ra? Forse «un intervento che rientra nella strategia concordata a livello in­ternazionale per combattere i paradisi fiscali», come l'ha definito Giulio Tre­monti? O «sistemazione del passato», secondo lo strepitoso suggerimento del compianto deputato nazional allea­to Pietro Armani? Ma potreste anche non chiamarlo affatto. «I condoni fatti da questo governo sono stati pochissi­mi e per casi limitatissimi. È la sinistra, con la sua propaganda, a parlare di con­doni, in realtà mai avvenuti». Mai avve­nuti. Lo disse il Guardasigilli Roberto Castelli il 31 marzo del 2006 a Radio An­ch'io. Di lì a poco anche il nuovo gover­no di centrosinistra di Romano Prodi avrebbe fatto il suo bravo condono (l'indulto), ma sul fatto che durante i cinque anni precedenti non si fossero fatti condoni, beh… In un rapporto del novembre 2008 sulle sanatorie fiscali la Corte dei conti ne ha contati 13, soltanto fra il 2003 e il 2004. E lì i magistrati contabili non hanno avuto timore a chiamare «con­dono » anche il primo scudo fiscale, pa­pà della nuova sanatoria per i capitali illegalmente esportati. Quella che l' Av­venire , il quotidiano dei vescovi, che ha definito «una beffa» perpetrata dal «furbetto del governino» dopo essere stato allargato in Parlamento anche ai reati penali. Una bella botta per Tre­monti, che avendo all'inizio escluso tas­sativamente la non punibilità di nefan­dezze tipo il falso in bilancio, si è poi rassegnato: «Senza le modifiche del Parlamento lo scudo sarebbe stato un suicidio». Un suicidio? Già, «sarebbe stato un'autodenuncia penale».

Ci sarebbe da domandarsi che fine abbiano fatto le telecamere alle frontie­re (con la Svizzera?) che aveva promes­so di installare dopo il primo «scudo fi­scale del 2002-2003» per pizzicare gli spalloni che avessero continuato a fro­dare il fisco. Ma comunque, evviva la sincerità del ministro dell'Economia. Ma quella del deputato del Pdl Michele Scandroglio non è forse sincerità? «Non c'è dubbio che la teoria dei con­doni sia passibile di critiche. Però non dobbiamo nasconderci dietro un dito: gli italiani sono anche questo. Noi dob­biamo rappresentare al meglio la realtà che abbiamo, si fa quello che si può con quello che siamo».

Poco prima delle elezioni del 2008 Tremonti ha giurato davanti alle teleca­mere di Repubblica Tv: «Oggi non ci so­no più le condizioni per fare i condoni, che non certo ho fatto volentieri ma perché costretto dalla dura necessità. I condoni sono una cosa del passato». Concetto ribadito addirittura dal futu­ro premier Silvio Berlusconi, questa volta durante una video chat con il Cor­riere. it: «Basta con la stagione dei con­doni. La prossima sarà una stagione di forte contrasto all'elusione e all'evasio­ne fiscale». (31 marzo 2008). Adolfo Ur­so, esponente di An ora viceministro, dichiarava un paio di mesi prima: «Ven­go dalla cultura della legalità della de­stra e dico: mai più condoni di nessun tipo, nemmeno l'indulto».

Poi, quando l'Unione europea boc­ciò il condono Iva varato dal preceden­te esecutivo di centrodestra nel 2003 ri­tenendo che avesse «seriamente» dan­neggiato il mercato comune e favorito i contribuenti colpevoli di frode fisca­le, Tremonti commentò: «Messaggio ri­cevuto, per il futuro è impegno del go­verno escludere provvedimenti del ti­po oggetto della sentenza». (luglio 2008).

Ma non si potrebbe dire che il mini­stro dell'Economia non avesse mai ma­­nifestato ostilità verso le sanatorie. Di­ciotto anni fa, mentre l'ultimo governo di Giulio Andreotti stava per approva­re la terza sanatoria fiscale della storia repubblicana Tremonti scrisse in un editoriale del Corriere: «In Sudamerica il condono fiscale si fa dopo il golpe. In Italia lo si fa prima delle elezioni ma mutando i fattori il prodotto non cam­bia: il condono è comunque una forma di prelievo fuorilegge». Passato quel condono, l'allora segretario generale delle Finanze Giorgio Benvenuto, in se­guito parlamentare del centrosinistra, promise: «Questo condono sarà l'ulti­mo ». Quattro anni più tardi arrivò il concordato fiscale. Ma il ministro Au­gusto Fantozzi sentenziò: «Credo che ormai l'epoca dei condoni sia tramonta­ta ». Mai previsione fu meno azzeccata. Sei anni dopo, ecco lo scudo fiscale e la raffica di sanatorie tributarie. Le pole­miche si erano appena smorzate quan­do, nell'estate del 2003, il sottosegreta­rio Giuseppe Vegas oggi viceministro all'Economia, azzardò: «In futuro non ci saranno altri condoni». Mentre il ca­pogruppo di Forza Italia Renato Schifa­ni ammoniva: «Siamo di fronte all'ulti­mo giro di boa di una riforma fiscale. Il cittadino sa benissimo che una volta varata non ci sarà più spazio per la cle­menza ». Pochi mesi dopo, la finanzia­ria 2004 reiterò il condono fiscale tom­bale. E toccò al successore di Tremonti, Domenico Siniscalco, ripetere ancora nel 2004: «La stagione dei condoni è fi­nita » .

Arriviamo quindi ai giorni nostri. Non che nel frattempo i vari condoni non siano stati rivendicati. Durante la campagna elettorale del 2006 Berlusco­ni arrivò ad affermare che «i condoni non sono poi così negativi, visto che l'Unità, l'Unipol e il signor Prodi, in una società in cui è presente un suo fa­miliare, ne hanno usufruito». Per con­cludere: «I condoni hanno portato mol­ti soldi all'erario e vi ha ricorso chi ave­va evaso le tasse durante il governo Prodi » .

Sul fatto che i condoni abbiano fatto ricco il Fisco, tuttavia, si potrebbe di­scutere. Secondo la Cgia di Mestre tutti i condoni, compresi quelli edilizi e pre­videnziali, varati dal 1973 a oggi avreb­bero garantito un incasso, attualizzato in valuta 2005, di 104,5 miliardi di eu­ro. Se fosse così, in trent'anni l'Erario avrebbe recuperato con le sanatorie l'evasione fiscale di un solo anno, che è appunto stimata in circa 100 miliardi di euro. Ma se fosse così. Una fonte al di sopra di ogni sospetto, e cioè la rivi­sta on-line dell'Agenzia delle Entrate Fi­scooggi. it ha calcolato invece che dal 1973 al 2003 lo Stato ha incassato con i principali condoni tributari, previden­ziali, assicurativi, valutari ed edilizi 26 miliardi di euro. Fatevi i conti sul nu­mero degli abitanti: 15 euro a testa l'an­no. L'equivalente di una pizza e una bir­ra, per fare strame di quel minimo di correttezza civica che esisteva in Italia. Soltanto in due casi, vale a dire con i condoni fiscali del 1982 e del 1992, si è superata la previsione di gettito. In al­tri casi, si è andati ri­dicolmente sotto le stime. Come se non bastasse, c'è stato pure chi ha aderito al condono ma poi non ha nemmeno pagato o pagato tut­to. La Corte dei con­ti nel novembre 2008 ha rivelato che a quella data resta­vano da incassare ancora 5,2 miliardi di euro dei 26 mi­liardi attesi per il condono 2003-2004, in base alle dichiarazioni pervenute alle Fi­nanze. Cinque mi­liardi su 26: il venti per cento.

In quel rapporto si racconta anche un altro particolare. E cioè che 34 mila persone fecero il condono tombale in forma anonima, avvalendosi di una fa­coltà prevista da quella sanatoria: pre­sentare al Fisco una «dichiarazione ri­servata », come per lo scudo fiscale. Con il risultato di restare nell'ombra pure in quel caso. Ma il numero di 34 mila è soltanto una stima. Quando il magistrato della Corte dei conti ha chie­sto di avere i dati relativi a quelle di­chiarazioni «riservate» si è sentito ri­spondere dall'Agenzia delle entrate che, «trattandosi di dati sensibili», era­no «in possesso unicamente del mini­stro ». Ma potevano avere sulla coscien­za 34 mila suicidi?

Sergio Rizzo
04 ottobre 2009© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

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