Cinque anni dopo non ancora riscossi 5,2 miliardi della misura del 2003. Ogni volta la promessa: sarà l'ultimo. Risultati quasi sempre al di sotto delle stime
Non chiamatelo condono. D'accordo, si potranno rimpatriare i denari sottratti al fisco pagando il 5%, meno di un quarto della più bassa aliquota Irpef. D'accordo, con quel misero 5% si potranno sanare reati penali e al riparo dell'anonimato. Ma non chiamatelo condono. Come potete chiamarlo, allora? Forse «un intervento che rientra nella strategia concordata a livello internazionale per combattere i paradisi fiscali», come l'ha definito Giulio Tremonti? O «sistemazione del passato», secondo lo strepitoso suggerimento del compianto deputato nazional alleato Pietro Armani? Ma potreste anche non chiamarlo affatto. «I condoni fatti da questo governo sono stati pochissimi e per casi limitatissimi. È la sinistra, con la sua propaganda, a parlare di condoni, in realtà mai avvenuti». Mai avvenuti. Lo disse il Guardasigilli Roberto Castelli il 31 marzo del 2006 a Radio Anch'io. Di lì a poco anche il nuovo governo di centrosinistra di Romano Prodi avrebbe fatto il suo bravo condono (l'indulto), ma sul fatto che durante i cinque anni precedenti non si fossero fatti condoni, beh In un rapporto del novembre 2008 sulle sanatorie fiscali la Corte dei conti ne ha contati 13, soltanto fra il 2003 e il 2004. E lì i magistrati contabili non hanno avuto timore a chiamare «condono » anche il primo scudo fiscale, papà della nuova sanatoria per i capitali illegalmente esportati. Quella che l' Avvenire , il quotidiano dei vescovi, che ha definito «una beffa» perpetrata dal «furbetto del governino» dopo essere stato allargato in Parlamento anche ai reati penali. Una bella botta per Tremonti, che avendo all'inizio escluso tassativamente la non punibilità di nefandezze tipo il falso in bilancio, si è poi rassegnato: «Senza le modifiche del Parlamento lo scudo sarebbe stato un suicidio». Un suicidio? Già, «sarebbe stato un'autodenuncia penale».
Ci sarebbe da domandarsi che fine abbiano fatto le telecamere alle frontiere (con la Svizzera?) che aveva promesso di installare dopo il primo «scudo fiscale del 2002-2003» per pizzicare gli spalloni che avessero continuato a frodare il fisco. Ma comunque, evviva la sincerità del ministro dell'Economia. Ma quella del deputato del Pdl Michele Scandroglio non è forse sincerità? «Non c'è dubbio che la teoria dei condoni sia passibile di critiche. Però non dobbiamo nasconderci dietro un dito: gli italiani sono anche questo. Noi dobbiamo rappresentare al meglio la realtà che abbiamo, si fa quello che si può con quello che siamo».
Poco prima delle elezioni del 2008 Tremonti ha giurato davanti alle telecamere di Repubblica Tv: «Oggi non ci sono più le condizioni per fare i condoni, che non certo ho fatto volentieri ma perché costretto dalla dura necessità. I condoni sono una cosa del passato». Concetto ribadito addirittura dal futuro premier Silvio Berlusconi, questa volta durante una video chat con il Corriere. it: «Basta con la stagione dei condoni. La prossima sarà una stagione di forte contrasto all'elusione e all'evasione fiscale». (31 marzo 2008). Adolfo Urso, esponente di An ora viceministro, dichiarava un paio di mesi prima: «Vengo dalla cultura della legalità della destra e dico: mai più condoni di nessun tipo, nemmeno l'indulto».
Poi, quando l'Unione europea bocciò il condono Iva varato dal precedente esecutivo di centrodestra nel 2003 ritenendo che avesse «seriamente» danneggiato il mercato comune e favorito i contribuenti colpevoli di frode fiscale, Tremonti commentò: «Messaggio ricevuto, per il futuro è impegno del governo escludere provvedimenti del tipo oggetto della sentenza». (luglio 2008).
Ma non si potrebbe dire che il ministro dell'Economia non avesse mai manifestato ostilità verso le sanatorie. Diciotto anni fa, mentre l'ultimo governo di Giulio Andreotti stava per approvare la terza sanatoria fiscale della storia repubblicana Tremonti scrisse in un editoriale del Corriere: «In Sudamerica il condono fiscale si fa dopo il golpe. In Italia lo si fa prima delle elezioni ma mutando i fattori il prodotto non cambia: il condono è comunque una forma di prelievo fuorilegge». Passato quel condono, l'allora segretario generale delle Finanze Giorgio Benvenuto, in seguito parlamentare del centrosinistra, promise: «Questo condono sarà l'ultimo ». Quattro anni più tardi arrivò il concordato fiscale. Ma il ministro Augusto Fantozzi sentenziò: «Credo che ormai l'epoca dei condoni sia tramontata ». Mai previsione fu meno azzeccata. Sei anni dopo, ecco lo scudo fiscale e la raffica di sanatorie tributarie. Le polemiche si erano appena smorzate quando, nell'estate del 2003, il sottosegretario Giuseppe Vegas oggi viceministro all'Economia, azzardò: «In futuro non ci saranno altri condoni». Mentre il capogruppo di Forza Italia Renato Schifani ammoniva: «Siamo di fronte all'ultimo giro di boa di una riforma fiscale. Il cittadino sa benissimo che una volta varata non ci sarà più spazio per la clemenza ». Pochi mesi dopo, la finanziaria 2004 reiterò il condono fiscale tombale. E toccò al successore di Tremonti, Domenico Siniscalco, ripetere ancora nel 2004: «La stagione dei condoni è finita » .
Arriviamo quindi ai giorni nostri. Non che nel frattempo i vari condoni non siano stati rivendicati. Durante la campagna elettorale del 2006 Berlusconi arrivò ad affermare che «i condoni non sono poi così negativi, visto che l'Unità, l'Unipol e il signor Prodi, in una società in cui è presente un suo familiare, ne hanno usufruito». Per concludere: «I condoni hanno portato molti soldi all'erario e vi ha ricorso chi aveva evaso le tasse durante il governo Prodi » .
Sul fatto che i condoni abbiano fatto ricco il Fisco, tuttavia, si potrebbe discutere. Secondo la Cgia di Mestre tutti i condoni, compresi quelli edilizi e previdenziali, varati dal 1973 a oggi avrebbero garantito un incasso, attualizzato in valuta 2005, di 104,5 miliardi di euro. Se fosse così, in trent'anni l'Erario avrebbe recuperato con le sanatorie l'evasione fiscale di un solo anno, che è appunto stimata in circa 100 miliardi di euro. Ma se fosse così. Una fonte al di sopra di ogni sospetto, e cioè la rivista on-line dell'Agenzia delle Entrate Fiscooggi. it ha calcolato invece che dal 1973 al 2003 lo Stato ha incassato con i principali condoni tributari, previdenziali, assicurativi, valutari ed edilizi 26 miliardi di euro. Fatevi i conti sul numero degli abitanti: 15 euro a testa l'anno. L'equivalente di una pizza e una birra, per fare strame di quel minimo di correttezza civica che esisteva in Italia. Soltanto in due casi, vale a dire con i condoni fiscali del 1982 e del 1992, si è superata la previsione di gettito. In altri casi, si è andati ridicolmente sotto le stime. Come se non bastasse, c'è stato pure chi ha aderito al condono ma poi non ha nemmeno pagato o pagato tutto. La Corte dei conti nel novembre 2008 ha rivelato che a quella data restavano da incassare ancora 5,2 miliardi di euro dei 26 miliardi attesi per il condono 2003-2004, in base alle dichiarazioni pervenute alle Finanze. Cinque miliardi su 26: il venti per cento.
In quel rapporto si racconta anche un altro particolare. E cioè che 34 mila persone fecero il condono tombale in forma anonima, avvalendosi di una facoltà prevista da quella sanatoria: presentare al Fisco una «dichiarazione riservata », come per lo scudo fiscale. Con il risultato di restare nell'ombra pure in quel caso. Ma il numero di 34 mila è soltanto una stima. Quando il magistrato della Corte dei conti ha chiesto di avere i dati relativi a quelle dichiarazioni «riservate» si è sentito rispondere dall'Agenzia delle entrate che, «trattandosi di dati sensibili», erano «in possesso unicamente del ministro ». Ma potevano avere sulla coscienza 34 mila suicidi?
Sergio Rizzo
04 ottobre 2009© RIPRODUZIONE RISERVATA
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