Il carburante estratto dalla colza sembra inquinare di più di quello tradizionale. Interessi forti sostengono una bufala affascinante e pericolosa.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 03-05-2007]
Tra le vittime dell'allucinazione collettiva chiamata biodiesel non ci sarebbero solo i creduloni che travasano nel serbatoio della propria auto l'olio di colza comprato alla Lidl, ma probabilmente tutti i cittadini del globo.
È il risultato di uno studio di una società di consulenza internazionale, che ha valutato l'impatto totale del biocarburante derivato dalla colza, dalla coltivazione alla combustione, mostrando che, tutto sommato, è meglio usare il buon vecchio petrolio.
Zeus News aveva già smascherato la bufala dell'olio comprato al supermercato, marcando comunque la differenza tra il prodotto alimentare tal quale, e il suo derivato industriale, privato della glicerina, considerato comunque roba seria.
Certo, inquina le città, puzza di fritto, costa il doppio rispetto al concorrente petrolifero, non ce ne sarà mai abbastanza per soddisfare i bisogni energetici, ma almeno si credeva che il bilancio carbonico fosse in pareggio. Vale a dire che la CO2 assorbita dalla pianta durante la produzione del seme, bilanciasse quella prodotta dalla combustione.
Mettiamoci il cuore in pace: l'impatto del biodiesel sui gas serra sembra essere superiore a quello del gasolio di mister Bush e di mister Moratti. Lo rivela Chemistry & Industry, periodico della Società dell'industria chimica (Sci), nota organizzazione sita a Londra.
Pare che la colza, principale materia prima dei bio-carburanti, nel suo ciclo vitale emetta alcuni gas definiti come CO2/equivalenti, principalmente N2O (protossido di azoto), a causa dei quali ogni Km percorso con una vettura a biofuel contribuirà al riscaldamento globale ben più di un Km alimentato a combustibili fossili.
Dal punto di vista politico/economico ci aspettiamo un terremoto, visto che giganti come UE e USA hanno puntato parecchio su questo tipo di risorsa. Ma molti esperti non si stupiscono di questi risultati, e anzi tirano un sospiro di sollievo.
"Ancor prima dell'eco-sostenibilità", dice Andrea Tronchin, agronomo militante di Via Campesina, "la nostra organizzazione contesta fermamente la socio-sostenibilità dei carburanti agro-industriali (perchè questo è il loro vero nome). Ancor prima di diventare una reale alternativa ai combustibili fossili, hanno fatto lievitare il prezzo del mais, alimento di base di molte popolazioni, aumentando miseria e fame in molte regioni."
Ancora una volta si sfruttano i paesi meno industrializzati per estrarre da loro ciò che serve al nostro sviluppo, senza cercare nel nostro territorio le risorse fisiche e umane per raggiungere una nostra reale autosufficienza (o sovranità, come la chiama Tronchin) sulle risorse energetiche.
"I combustibili generati dalle piante spingono verso una competizione per le risorse alimentari tra uomini e macchine", sostiene George Mombiot, attivista di Transition Towns sul Guardian. "Una competizione che entrambi sono destinati a perdere". La monocoltura con cui si produce il biodiesel è un serio attentato alla biodiversità, almeno quanto lo sono gli OGM dei nostri amici della Monsanto.
Mombiot suggerisce una pausa di riflessione, di almeno cinque anni, durante i quali attuare una moratoria di tutti gli obiettivi di produzione e degli incentivi per i bio-carburanti. Ma probabilmente gli interessi dell'agro-industria spingeranno i nostri politici dalla parte opposta.
(L'articolo è stato modificato dalla sua pubblicazione)
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